La cardiopatia coronarica

Il Prof. Scardi con il Presidente
Il Prof. Sabino Scardi, già Primario della divisione di cardiologia dell’Ospedale Maggiore di Trieste e Direttore del Dipartimento internazionale di cardiologia, ci ha tenuto una relazione riguardo “La cardiopatia coronarica – dall’angina pectoris all’infarto del cuore”.
In attesa di pubblicare la relazione, alcune note tratte dal sito del Ministero della Salute.
Le malattie cardiovascolari costituiscono ancora oggi in Italia uno dei più impor-tanti problemi di salute pubblica: esse sono tra le principali cause di morbosità, invalidità e mortalità; rientrano in questo gruppo le più frequenti patologie di origine arteriosclerotica, in particolare le malattie ischemiche del cuore (infarto acuto del miocardio e angina pectoris), e le malattie cerebrovascolari (ictus ischemico ed emorragico).
Chi sopravvive a una forma acuta diventa un malato cronico con notevoli ripercussioni
sulla qualità della vita e sui costi economici e sociali che la società deve affrontare.
Le malattie cardiovascolari, inoltre, sono fra i maggiori determinanti delle malattie legate all’invecchiamento, producendo disabilità fisica e disturbi della capacità cognitiva.
Nella fascia di età 35-64 anni, degli eventi fatali il 30-40% muore rapidamente subito dopo l’inizio dei sintomi e prima di arrivare in ospedale. Studi longitudinali hanno evidenziato che circa la metà degli eventi coronarici è dovuta all’angina pectoris, che solo raramente è motivo di ricovero.
Un dato rilevante per la salute degli italiani è che negli ultimi 40 anni la mortalità totale si è più che dimezzata (il tasso standardizzato di mortalità totale si è ridotto del 53% tra il 1970 e il 2008) e il contributo dalle malattie cardiovascolari è stato quello che più ha influito sul trend in discesa della mortalità (nello stesso periodo la mortalità per malattie cardiovascolari si è ridotta del 63%).
Nonostante la frequenza, queste malattie sono per la gran parte prevenibili attraverso l’adozione di stili di vita sani, in particolare sana alimentazione, attività fisica regolare e abolizione del fumo di sigaretta; fin dalla giovane età queste abitudini aiutano a ridurre e/o a mantenere la pressione arteriosa, la colesterolemia, la glicemia a digiuno e l’indice di massa corporea a livelli favorevoli. Così, parallelamente al crescere delle possibilità di trattamento medico e chirurgico della malattia già conclamata, si è venuta affermando la consapevolezza dell’importanza di interventi di tipo preventivo, atti a impedire o ritardare l’insorgenza della malattia stessa.
I dati descritti confermano che le malattie cardiovascolari (coronariche e cerebro-vascolari) rappresentano ancora un importante problema di salute pubblica, perché continuano ad avere un’alta frequenza, nonostante l’Italia venga considerata un Paese a basso rischio cardiovascolare. Sono comunque fra le malattie sulle quali si conosce di più in termini di reversibilità del rischio, cosa che le rende quindi prevenibili.
L’elevata percentuale di persone ipertese, l’alta frequenza del diabete e dell’obesità e l’elevata prevalenza dell’abitudine al fumo sono problemi che vanno affrontati implementando le misure di prevenzione primaria.
Interventi rivolti a semplici modificazioni degli stili di vita nelle diverse età, anche in quelle avanzate, consentiranno di mantenere nel tempo gli incrementi di aspettativa di vita in buone condizioni di salute registrati negli ultimi anni (l’Italia è fra i Paesi con guadagni di aspettativa di vita più elevati), così come idonee strategie di prevenzione
potranno contribuire a ridurre sia i tassi di ospedalizzazione sia i costi per la cura e la riabilitazione. Laddove i fattori di rischio modificabili sono particolarmente elevati o, anche se poco elevati singolarmente, complessivamente forniscono un quadro significativamente negativo, si configura un elevato rischio cardiovascolare globale per il quale, oltre agli stili di vita “salvacuore” che diventano imperativi, esistono farmaci, in particolare antipertensivi e ipolipemizzanti, di documentata efficacia preventiva.