Giorgio Vidusso: “Passione non senile”
Il 23 febbraio il Prof. Giorgio Vidusso ci ha intrattenuto con una conversazione ricca di ricordi e aneddoti legati alla sue numerose esperienze in campo artistico, nella veste di musicista e dirigente.
Triestino, laureato in Lettere Moderne e diplomato in pianoforte con il massimo dei voti, inizia una brillante carriera concertistica, interrotta a seguito di una malattia. Nel 1950 è a capo dei programmi di Radio Trieste ed insegna Pianoforte principale al Conservatorio Tartini di Trieste fino al 1957 quando la RAI lo trasferisce alla Direzione Generale di Roma con la qualifica di Capo servizio musica prima e vicedirettore poi. Nel 1967 assume l’incarico di Condirettore del Centro di produzione Radio e di responsabile per la musicadi RAI 3 e di direttore artistico di RAI di Milano. E’ stato Sovrintendente al Comunale di Firenze e al Teatro “Verdi” di Trieste, Direttore Artistico dell’Accademia Filarmonica di Roma e organizzatore dei concerti da Camera del Festival dei Due Mondi di Spoleto. Consulente della Biennale di Venezia scrive per le più importanti riviste musicali (Rivista Musicale Italiana, Piano Time, ecc.). Tiene conferenze ed è membro di Giuria di oltre cento tra i Concorsi Musicali più importanti del mondo. In veste di Organizzatore musicale ha ricevuto riconoscimenti e premi internazionali. E’ insignito dell’onorificenza di Cavaliere Ufficiale della Repubblica Italiana.
Mentre eravamo a tavola gli ho chiesto quale fosse la musica che ascolta oggi: è la stessa di quando era giovane? Oppure ricomprende anche autori viventi? Mi risponde cercando di evitare giudizi, immaginando che un “giovane” come me non ascolti certo Bach o Shubert, ma alla fine ho capito che continua frequantare i grandi della musica classica che ascolta da sempre, con qualche apertura verso pochissimi moderni. Oggi non si scrive più buona musica e non siamo più capaci di ascoltare bene quella buona. La musica diviene sottofondo, intrattenimento leggero, accessorio complementare ritmato e alienante, suono indistinto e senza carattere.
Ma sarà vero? Ci troviamo di fronte a cambiamenti radicali. L’invenzione di strumenti portatili che ci permettono di ascoltare musica in qualsiasi momento, la possibilità di scaricare da internet ore di musica gratuitamente, la facilità di poterla creare con pochi strumenti elettronici.
Un ascolto quindi “diverso” dal punto di vista della qualità, della quantità e dei soggetti coinvolti. Ma possiamo affermare che questo ascolto sia meno consapevole, possiamo definire la musica contemporanea meno bella? Io no so rispondere a questa domanda e credo non ci possa essere una risposta netta. Certamente “ascoltare” la musica è qualcosa che si impara, esattamente come guardare un’opera d’arte. Oggi tutto questo è più difficile, perchè maggiore è la quantità e la possibilità e minore il tempo. Forse è per questo che tutti i miei coetanei oggi ascoltano la musica che hanno amato in gioventù: perchè è stata una musica “guadagnata” (nota1) , vissuta, ascoltata a lungo con attenzione e partecipazione.
(Nota1) Quand’ero ragazzino, l’acquisto di un disco era un evento che si condivideva con gioia con tutti gli amici. Innanzi tutto per il costo: era un investimento, uno o due mesi di paghetta, e poi era il disco scelto tra tanti altrettanto interessanti e urgenti: e perciò doveva necessariamente piacere. Quante delusioni al primo ascolto, dopo che la prima traccia aveva suonato (che era la canzone sentita per radio): tutti gli altri pezzi parevano brutti e insulsi. Ma il sacrificio che era costato non lo permetteva, e tutto il disco doveva per forza piacere! E fortunatamente così avveniva quasi sempre, lo sforzo di ascoltare e capire qualcosa di diverso da quello che eravamo abituati a sentire dischiudeva quei brani facendoli “suonare” diversi dal primo ascolto: avevamo imparato ad ascoltare.