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Le problematiche della Giustizia

15 novembre 2018
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Dott. Reinotti con Raffaele Oliva

Abbiamo avuto ospite il Presidente del Tribunale di Trieste dott. Piervalerio Reinotti, con una conversazione sulle problematiche della giustizia nel nostro paese.   Tema sempre attuale, poiché l’Italia si conferma agli ultimi posti nell’Unione europea per l’efficienza e l’indipendenza della giustizia, come risulta dal report 2018 pubblicato dalla Commissione Giustizia.

Dalla lettura del rapporto emerge che il nostro Paese ha raggiunto alcuni importanti successi, ma troppi problemi rimangono ancora aperti. Il dato più allarmante solo gli oltre 1400 giorni necessari all’Italia per arrivare al terzo grado di giudizio per dispute civili e commerciali (dato del 2016): il Paese peggiore in assoluto sul tema. Va un po’ meglio per quanto riguarda la durata dei casi amministrativi, dove i giorni sono 800 e l’Italia si posiziona quartultima in classifica, davanti solo a Cipro, Malta e Grecia, ultima con oltre 1000 giorni di media.  Anche per il tempo medio necessario per risolvere casi civili, commerciali e amministrativi considerati nel complesso, l’Italia arriva quintultima. Una posizione decisamente poco lusinghiera: si parla di quasi 400 giorni quando ben sedici paesi, nel 2016, erano sotto la soglia dei 200.   Il nostro Paese è quartultimo anche per quanto riguarda il numero di casi giudiziari pendenti.  Dati poco consolatori anche per quanto riguarda la percezione dell’indipendenza del sistema giudiziario,  in aggiunta alla scarsa efficienza:  circa il 70% dei cittadini italiani  e delle aziende locali considera l’indipendenza di giudici e corti abbastanza scarsa, scarsa o assente. La ragione principale addotta è l’interferenza di politici o governi,  e di forze economiche internazionali.  La percezione cambia nettamente quando la domanda viene posta ai giudici che posizionano la propria indipendenza oltre l’8 (10 rappresenta il massimo della indipendenza).    Tra le novità positive si rileva che dal 2016 sono più numerosi i procedimenti che si chiudono di quelli che si aprono. Un dato non indifferente perché tra casi amministrativi e commerciali in media la metà dei Paesi considerati si trova sotto questa soglia. Cala anche la durata media dei procedimenti svolti dalle autorità competenti relativi alla protezione dei consumatori, che resta nella media europea inferiore ai 200 giorni.

Il Dott. Reinotti ha evidenziato alcune criticità del nostro sistema giudiziario. Il servizio che deve assicurare l’apparato giudiziario si sostanzia e si sostiene su due fondamentali presupposti che soli possono assicurarne efficienza e celerità: certezza dell’impianto normativo ed ordinamentale, consolidata interpretazione delle norme.   Non vi può essere certezza di fronte al frenetico continuo ripensamento di normative sostanziali e processuali, la cui conseguenza è che una gran parte delle problematiche nei processi sia civili che penali sia non di applicazione della norma ma di quale norma applicare. Da tempo la norma viene dettata dall’emergenza,  da cui il succedersi di normative talvolta in conflitto e spesso non coordinate fra loro, che determinano una “permanente”disciplina “transitoria” sulla medesima materia.

Altrettanto importante è il rapporto fra giustizia ed informazione.
L’informazione è anche rammentare che la giustizia non è la sanità, l’istruzione, i trasporti dove si può immaginare che, in un convergere di comuni interessi fra cittadini, utenti ed addetti ai lavori, tutti possano trarne soddisfazione.  La particolarità del nostro settore – lo si dimentica troppo spesso – è data dal fatto che è difficile immaginare che tutti, proprio tutti, vogliano una giustizia celere ed efficiente: così il debitore che ha torto e non vuole pagare, il colpevole che non vuole finire in carcere, colui che non vuole ostinatamente riconoscere ad altri un diritto. La giustizia crea a tutte le latitudini e creerà sempre una fascia di scontenti – spesso più rumorosa dei soddisfatti – i cui interessi non meritano di essere rappresentati più di quelli che giustizia hanno avuto.
Parimenti in un clima in cui a chiunque si arroga il diritto di dichiararsi l’interprete autentico dei bisogni della “gente” e denunzia mali e distorsioni della giustizia bisognerebbe che gli organi d’informazione chiedessero almeno conto delle fonti dei dati e delle informazioni che diffonde.

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