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Sicurezza a Trieste: tra dati e percezioni

17 gennaio 2025

Abbiamo avuto il piacere di ospitare il dott. Pieto Ostuni,  Questore di Trieste, il quale ha condiviso il suo percorso formativo e le numerose esperienze professionali che lo hanno condotto a ricoprire il suo attuale incarico nella città. Un focus particolare è stato dedicato alla “rotta balcanica”, un fenomeno ormai noto, di cui Trieste rappresenta una tappa significativa.

Il Questore ha condiviso il suo percorso accademico e professionale, illustrando le numerose mansioni che ha ricoperto nel corso della sua carriera e spiegando il percorso che lo ha condotto fino a Trieste. Nel suo ruolo attuale, si trova quotidianamente ad affrontare situazioni di degrado sociale, fenomeni che purtroppo interessano anche una città splendida come Trieste.

Uno dei temi centrali del suo intervento è stata la cosiddetta “rotta balcanica”, un fenomeno migratorio di grande rilevanza nel quale Trieste rappresenta un punto di transito cruciale. Il Questore ha evidenziato l’importanza di politiche di inclusione per prevenire problematiche sociali. A supporto delle sue parole, ha fornito dati significativi:  considerando con il Mediterraneo anche le rotte dei Balcani occidentali, nei primi 9 mesi del 2024 un totale di 123.878 rifugiati e migranti sono arrivati in Italia, Grecia, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria e Serbia – i paesi più colpiti dall’emergenza – di cui 26.133 minori, inclusi 22.489 non accompagnati. Questo incremento, già di per sé allarmante, si inserisce in un contesto globale di crescenti flussi migratori, alimentati da fattori geopolitici e ambientali quali la progressiva desertificazione dell’Africa, il conflitto in corso tra Russia e Ucraina e l’instabilità politico-sociale della Tunisia.

Un dato ancora più preoccupante riguarda la pressione migratoria proveniente dalla Libia: secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), tra marzo e maggio 2024, erano presenti in Libia circa 725.304 migranti. Tuttavia, non tutte queste persone intendono partire verso l’Europa; molte sono migranti economici che lavorano in Libia o provengono da paesi limitrofi. Questi numeri impongono una riflessione sulle sfide che i Paesi di destinazione, Italia compresa, si troveranno ad affrontare nei prossimi anni in termini di accoglienza, gestione dei flussi e sicurezza.

Nonostante la sua posizione strategica lungo la rotta balcanica, Trieste non presenta, almeno per il momento, criticità paragonabili a quelle riscontrabili in altre grandi città italiane come Milano, Roma o Torino. 

Un altro tema di grande rilevanza toccato dal Questore riguarda l’aumento dei reati informatici, una minaccia sempre più diffusa e insidiosa. La Polizia Postale è in prima linea nel contrastare questi crimini, che spaziano dalle truffe online alla violazione della privacy, fino a reati gravissimi e inaccettabili come la pedopornografia. La complessità e la gravità di queste indagini rendono necessario un supporto psicologico per gli agenti coinvolti: per questo motivo, è stato istituito un team di psicologi e psicoterapeuti dedicato all’assistenza delle forze dell’ordine, per aiutarle a gestire lo stress e l’impatto emotivo legato a queste indagini.

Il Questore ha concluso il suo intervento con un appello alla sensibilizzazione sulla legalità, sottolineando l’importanza di educare la collettività al rispetto delle norme e al senso civico. La sicurezza di una città non dipende esclusivamente dalle forze dell’ordine, ma anche dal grado di consapevolezza e responsabilità dei suoi cittadini. Una società che comprende e interiorizza il valore della legalità è in grado di prevenire e contrastare più efficacemente fenomeni di criminalità e degrado, contribuendo così al benessere collettivo.


 

Il Diritto d’Asilo e le Sfide dell’Accoglienza in Italia

Il diritto d’asilo rappresenta uno dei principi fondamentali del diritto internazionale e della tutela dei diritti umani. La Convenzione di Ginevra del 1951 costituisce il pilastro su cui si fonda la protezione dei rifugiati, stabilendo che nessuno Stato firmatario può espellere o respingere una persona verso un territorio in cui la sua vita o la sua libertà siano in pericolo a causa di persecuzioni basate su razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale o opinioni politiche. Questo principio, noto come non-refoulement, è il cuore della normativa internazionale in materia di rifugiati e sancisce l’asilo come un diritto fondamentale dell’individuo.

Anche l’ordinamento italiano riconosce l’importanza della protezione internazionale. L’Articolo 10 della Costituzione stabilisce che “lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Tale disposizione, rafforzata a livello europeo dalla cosiddetta Protezione sussidiaria, evidenzia la volontà di armonizzare le politiche di accoglienza con il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali della persona.

Tuttavia, nonostante queste solide basi giuridiche, l’Italia non ha mai sviluppato un modello strutturato e stabile per la gestione dell’accoglienza. Fino al 2002 non esisteva una normativa specifica in materia, e solo con l’introduzione di direttive europee si è cominciato a delineare un sistema pubblico di accoglienza. Questo ritardo ha generato squilibri che si ripercuotono ancora oggi sull’organizzazione e sull’efficacia delle politiche di settore.

Il Caso di Trieste e il Modello di Accoglienza Diffusa

Trieste rappresenta un caso emblematico in questo contesto. Nel 2002 è stata una delle prime città italiane ad aderire al Servizio Centrale del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR), un modello di accoglienza diffusa basato sulla collaborazione tra enti locali, associazioni e istituzioni. Nel 2020 questo sistema è stato sostituito dal Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI), che oggi coinvolge oltre 500 enti su tutto il territorio nazionale.

Nonostante il potenziale di questo modello, la sua applicazione è rimasta parziale e frammentaria. Manca infatti una distribuzione omogenea dei migranti sul territorio nazionale, con un eccessivo concentramento nel Sud Italia e nelle aree interne. Questa gestione “a macchia di leopardo” ha favorito situazioni di sovraffollamento e precarietà, mentre alcune realtà locali hanno sviluppato progetti di integrazione di successo che però restano eccezioni nel quadro complessivo.

Anche il Friuli Venezia Giulia riflette questa disomogeneità. Trieste, in particolare, è direttamente coinvolta nella gestione dei flussi migratori lungo la rotta balcanica, un canale di ingresso fondamentale per migliaia di persone in fuga da guerre e crisi umanitarie. Contrariamente alla percezione comune, la maggior parte degli immigrati non arriva in Italia attraverso gli sbarchi via mare, ma proprio attraverso questa rotta terrestre, con un flusso significativo proveniente da Paesi come Siria, Afghanistan e Pakistan.

La Dimensione Globale della Migrazione e le Distorsioni della Percezione

Uno degli aspetti più rilevanti del dibattito sull’immigrazione riguarda la percezione pubblica del fenomeno. Spesso si tende a credere che l’Europa, e in particolare l’Italia, sopporti il peso maggiore dell’accoglienza dei rifugiati. In realtà, oltre l’80% dei migranti si concentra nei Paesi del Sud del mondo, mentre l’Europa accoglie una percentuale minore rispetto al suo reale potenziale. Se si adottasse una redistribuzione più equa a livello globale, l’Italia dovrebbe accogliere molte più persone di quelle che effettivamente ospita.

Questa discrepanza tra dati reali e percezione sociale è alimentata da narrazioni distorte, che tendono a enfatizzare la pressione migratoria e i suoi presunti impatti negativi senza considerare il quadro complessivo. In realtà, molti migranti che giungono in Italia non intendono fermarsi nel nostro Paese: su circa 16.000 ingressi annuali lungo la rotta balcanica, solo poco più di 2.000 persone presentano effettivamente richiesta di asilo in Italia. Per la maggior parte, l’obiettivo è raggiungere altri Paesi europei che offrono migliori prospettive economiche e sociali.

Un aspetto spesso trascurato riguarda il fenomeno della “fuga di competenze”: molti migranti altamente qualificati preferiscono trasferirsi in Stati con politiche di integrazione più avanzate, dove le loro competenze possono essere valorizzate. L’Italia, invece, fatica a trattenere queste risorse umane, trasformando un potenziale vantaggio economico e sociale in una perdita.

Le Criticità del Sistema di Accoglienza e il Caso del Silos di Trieste

Le carenze del sistema italiano si manifestano in modo particolarmente evidente nelle situazioni di emergenza, come dimostra il caso del Silos di Trieste. Questa struttura, concepita inizialmente come un riparo temporaneo per i migranti in transito, ha rappresentato il simbolo del fallimento nella gestione dell’accoglienza. Sovraffollamento, condizioni igieniche precarie e assenza di programmazione avevano reso il Silos un esempio emblematico delle inefficienze del sistema.

Più in generale, il problema principale dell’accoglienza in Italia è la mancanza di una strategia di lungo periodo. L’assenza di programmazione e di un’analisi approfondita del fabbisogno ha prodotto una gestione emergenziale e caotica, incapace di rispondere in modo efficace alle sfide migratorie.

Prospettive per una Nuova Politica di Accoglienza

Affrontare il tema dell’immigrazione in maniera efficace richiede un approccio integrato, che superi la frammentazione attuale e miri a costruire un sistema di accoglienza più equo e sostenibile. È necessario intervenire su più livelli:

  1. Riforma della gestione dell’accoglienza – Occorre superare il modello emergenziale e costruire un sistema strutturato, con criteri oggettivi per la distribuzione dei migranti sul territorio nazionale.
  2. Maggiore coordinamento europeo – L’Italia non può affrontare il fenomeno migratorio in modo isolato. Serve una politica europea più solidale e basata su meccanismi di redistribuzione equa.
  3. Valorizzazione delle competenze dei migranti – Creare percorsi di inserimento lavorativo e sociale, evitando la dispersione di risorse umane qualificate.
  4. Sensibilizzazione dell’opinione pubblica – Contrastare le narrazioni distorte e promuovere una conoscenza più realistica del fenomeno migratorio.

L’immigrazione non è un’emergenza temporanea, ma una realtà strutturale destinata a segnare il futuro delle società occidentali. Affrontarla con strumenti adeguati significa non solo garantire diritti fondamentali, ma anche cogliere le opportunità di crescita e arricchimento culturale che essa porta con sé.

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